Sfuggiti alla leva / 2
Lo stanzone io e Manuel abbandonammo presto, ho scritto in precedenza. Io mi sistemai nella stanza di Kosta (al secolo Costantino), mentre quest’ultimo si spostò in una stanza più grande. Una volta nel nuovo appartamento incominciai ad ingranare e a mettermi al passo con i ritmi e le regole che vigevano tra gli OdC da tempo immemorabile.
La mia giornata-tipo era questa:
- Sveglia senza traumi alle nove circa del mattino, spesso rimbrottato telefonicamente dall’animatrice del reparto a cui ero assegnato che mi intimava di scendere dal letto.
- Colazione veloce con caffè e latte riscaldato al microonde.
- Breve visita in reparto per un saluto.
- Cazzeggio in giro per l’istituto fino all’ora di pranzo, realizzazione di qualche avviso o fotocopia per le ragazze dell’amministrazione.
- Raduno davanti alle cucine con gli altri colleghi per il recupero del carrello con il cibo da portare su in reparto e successiva gara a chi arrivava prima.
- Pranzo in appartamento, quello più grande che poteva contenere tutti noi OdC. Caffè e pausa di un’ora circa davanti alla televisione (ricordo che guardavamo spesso le ragazze seminude nei servizi Fuego! su Italia 1).
- Breve visita al reparto con sopralluogo ad infermeria e cucinotto per cogliere gli ultimi umori delle operatrici.
- Una volta al mese dovevamo rifornire i reparti di tutto il necessario per gli ospiti (medicinali, bavagli, panni, pannolini), e quindi era una via vai dal magazzino per trasportare dei pesantissimi scatoloni.
- Recupero carrello per la cena, con modalità simili al pranzo.
Espletata questa ultima incombenza noi obbiettori eravamo liberi. Di solito io me ne tornavo su in appartamento ad ascoltarmi un po’ di musica o sorbirmi dei video musicali su MTV (Erase & Rewind dei Cardigans è restato in heavy rotation per settimane) in attesa di cenare.
Per la cena, a meno di non provvedere di tasca nostra, eravamo in balia dei crudeli cuochi dell’istituto che ci rifilavano quello che avevo preparato poco prima per i reparti. Mi ricordo chiaramente teglie ricolme sugo di pomodoro e pasta variamente scotta. A volte uscivamo a prendere qualcosa, ma né il take away cinese né la pizze da asporto nei pressi erano così buoni da incoraggiarci a farlo spesso. E quindi mangiavamo il mangiabile che ci veniva passato dall’istituto e poi giù di cracker, grissini e altro cibo per riempire lo stomaco.
Pane, latte, caffè, i gelati in coppetta di cui andavamo ghiottissimi, piatti e posate di plastica e quant’altro potesse servire per una normale sopravvivenza venivano ordinati periodicamente tramite delle liste. Ci davamo i turni per compilare una lista per il cibo, una per la plastica e via di seguito. Avevamo anche dei turni rigidi per pulire le stanze in comune e il bagno. Dai turni non si scappava, perché erano scritti su di una lavagna presente in ogni ognuno degli appartamenti.
I compiti e i turni più gravosi venivano assegnati più spesso ai nuovi arrivi. Una seccatura ricorrente era il dover accompagnare in auto all’ora di pranzo una suora che era spesso in istituto in una chiesa poco lontano. Si prendeva quindi la Punto in dotazione, si faceva salire la suora, si evitava di imprecare durante il tragitto e la si scaricava infine davanti al sagrato. In sé non era niente di così difficile o noioso, ma noi OdC a quell’ora avevamo fame e l’unica cosa che volevamo fare era mangiare.
Questo articolo è stato pubblicato originariamente nel mio blog presso deelan.com.